IBS Forex: Gli investitori sono ancora in tempo per recuperare i risparmi perduti.

    Chi ha investito e perso i propri risparmi nel mercato del FOREX, negli anni tra il 2006 e il 2009, con IBS Forex SPA, può ancora recuperare il maltolto.

    Ed è proprio per questo che oggi ci occupiamo nuovamente del caso della fallita IBS Forex, di cui il nostro &Magazine aveva già scritto in passato.

    Per farlo abbiamo intervistato l’Avvocato Giovanni Spinapolice, Managing Partner dello Studio Legale Spinapolice&Partners che è stato tra i primi a interessarsi della vicenda e ad ottenere per i suoi numerosi clienti coinvolti nel caso IBS una sentenza di condanna della Banca, che fungeva da Banca di appoggio della finanziaria, alla restituzione degli investimenti andati perduti.

    I fatti. Mediante una capillare rete di procacciatori d’affari, la IBS Forex, negli anni tra il 2006 e il 2009, riusciva a rastrellare risparmi per c.a 60.000.000 di euro da centinaia di clienti tra cui alcuni Enti Pubblici, quali la Provincia Regionale di Palermo (che investiva perdendoli oltre 30.000.000 di euro), la Regione Puglia, la Provincia di Milano, la Provincia di Monza, e ci riusciva proponendo ai possibili investitori (per lo più piccoli risparmiatori con bassissima propensione al rischio) un prodotto dalle grandi potenzialità e dal rischio contenuto dovuto proprio dall’investimento in valute.

    E’ stato, infatti, appurato dai Tribunali che “IBS Forex agiva abusivamente, cioè oltre i limiti delle autorizzazioni ottenute da Banca d’Italia ai sensi dell’art. 106 TUB, in quanto, invece di limitarsi alla intermediazione in cambi, aveva confezionato – illegalmente - un vero e proprio prodotto finanziario e gestiva i patrimoni dei suoi numerosi clienti, indisturbata e sotto gli occhi di tutti. Tali attività di gestione – ricordiamo – sono assolutamente precluse alle 106 come IBS Forex, essendo invece di appannaggio esclusivo di SIM ed SGR che, invece, sono operatori soggetti a ben più stringenti vincoli, controlli e garanzie”, ci spiega l’Avvocato.

    Continua il Legale: “proprio l’attività abusiva posta in essere dalla IBSForex, che operava ben oltre i limiti delle autorizzazioni ex art.106 TUB, ci ha indotto ad esaminare il modus operandi adottato dalla fallita e abbiamo individuato diversi responsabili per il grave danno subito dagli investitori, tra cui la Invest Banca di Empoli. Difatti, la IBS ha potuto agire abusivamente grazie all’appoggio della detta Banca presso cui aveva concentrato la maggior parte della propria attività illegale. Tra le altre irregolarità ed evidenti elementi di responsabilità che sono emersi dalle indagini effettuate dalla Guardia di Finanza in sede penale e in quella civile dai periti dello Studio Spinapolice&Partners, i capitali dati in gestione alla IBS dai singoli risparmiatori venivano raccolti in un mero conto corrente omnibus societario, acceso presso l’Istituto e grazie al quale avveniva la confusione patrimoniale dei conferimenti, tanto che la IBS poteva prelevare a suo piacimento il danaro che serviva in piccola parte a pagare le proprie spese correnti, mentre sempre arbitrariamente la parte cospicua veniva trasferita all’estero da dove prendeva le strade più disparate”.

    Sicuramente il contenzioso è ancora aperto dinanzi a diversi giudici, alcuni dei quali si sono già espressi (Tribunale di Firenze, Corte di Appello di Roma, Tribunale di Napoli) condannando l’Istituto alla restituzione delle somme perse dagli malcapitati investitori.

    Visto il notevole tempo trascorso dalla triste pagina di storia oggi ricordata, abbiamo chiesto al nostro intervistato se sia ancora possibile promuovere azioni da parte degli investitori per ottenere Giustizia.

    “Certamente è ancora possibile agire, ma per poco tempo ancora visto il prossimo maturarsi dei termini prescrizionali”.   

     


    2018 anno zero per i risparmi.

    L’anno che sta per concludersi potrebbe far registrare un triste record negativo per i risparmiatori, ai quali non resta ormai che confidare in un parziale quanto improbabile  recupero da qui al 31 dicembre.

    Tutti i principali mercati di investimento -azioni, obbligazioni, oro, petrolio, ecc.- sono in forte perdita. Il contesto così complesso rende molto difficile anche per i gestori estrarre valore dagli investimenti finanziari.

    “Una combinazione eccezionale che non ricordo da almeno 20 anni. Vedere l’andamento simultaneo di tutte le principali classi di investimento in ribasso è sicuramente un evento raro sui mercati finanziari” afferma Massimo Terrizzano, top manager di BNP Paribas Asset Management. Una sorta di tempesta perfetta che, salvo un clamoroso recupero nella manciata di giorni che mancano al 2019, ha letteralmente travolto il patrimonio degli investitori finanziari a livello globale.

    Spiega inoltre Terrizzano: “Siamo in un contesto in cui il mercato azionario si sta preoccupando per le prospettive di un rallentamento economico sempre più marcato. E allo stesso tempo le obbligazioni, gonfiate da anni di politiche espansive delle banche centrali, non stanno funzionando come paracadute, come solitamente accade quando le azioni scendono. E’ saltata la correlazione inversa che storicamente lega azioni e bond e così i risparmiatori stanno perdendo su entrambi i fronti. Oltre che sulle materie prime”.

    Da inizio anno,  infatti, l’indice globale delle azioni evidenzia un -5%, delle obbligazioni un -3%, il petrolio (Brent) è in calo del 10 % e persino l’oro, considerato bene rifugio per eccellenza,  registra un -5%.

    Come tutelare, allora, il proprio portafoglio da ulteriori ribassi, data la forte volatilità dei mercati?

    Terrizzano risponde che difficilmente sarà possibile un  parziale  recupero nel quadro generale di incertezza sulle prospettive di fine anno e per il 2019.  “Perché questo accada, ci dovrebbero essere due sorprese: la prima delle banche centrali, Fed e Bce in primisi, che segnalino in maniera convincente che sono già pronte a rivedere in senso più accomodante le proprie politiche. La seconda sorpresa sarebbe la fine dello scontro in corso tra Usa e Cina sui dazi, al momento sempre più incerta considerato anche la vicenda Huawei. in caso contrario, ci sarebbero ulteriori margini di ribassi per l’azionario. Ai risparmiatori consiglio di posizionarsi su titoli di Stato  di buona qualità, su scadenze medie dai 3 ai 5 anni, perché potrebbero beneficiare di un appoggio delle banche centrali”.

    In un contesto così negativo, unico dato positivo è stato, per chi ha investito su asset in dollari, visto il +6% nei confronti dell’euro da inizio anno. Ma, come spiega Fabiola Banfi, responsabile investimenti di Valeur a.m., “non è detto che dal cambio arrivi lo stesso bonus anche per il 2019. E’ vero che il dollaro è favorito dal differenziale dei tassi tra Usa ed Eurozona, ma è probabile che il cambio si mantenga stabile. A mio avviso, però, c’è un eccessivo pessimismo in questo momento sull’azionario. Nel 2019 sarà possibile estrarre valore, ma solo attraverso un’attenta selezione delle singole società che si dimostreranno resilienti al rallentamento. Per questo motivo siamo usciti dai settori ciclici, in particolare tecnologia e poi auto. mentre consigliamo i settori difensivi, come il farmaceutico e quello dei beni di prima necessità”.

    In uno scenario tanto incerto, ai tanti risparmiatori non resta che sperare e tenere d’occhio attentamente  i mercati, avvalendosi di consulenti  finanziari affidabili e preparati.

     


    GForex: Truffa per i risparmiatori. Ma c'è ancora speranza.

    Uno scandalo finanziario poco conosciuto, costato 26 milioni a 400 risparmiatori. GForex è fallita nel 2011. Ma non è finita. Nel 2016 chiesti risarcimenti a Unicredit, Barclays e Banca d'Italia.

    400 risparmiatori truffati, per un totale di circa 26 milioni di euro spariti nel gorgo del crack GForex dal 2006 al 2010. Uno scandalo finanziario poco conosciuto, forse perché fratello minore di una famiglia di frodi Forex, legate a speculazioni sui cambi, che sembrano fatte con lo stampino.

    «GForex era stata autorizzata ad operare in Italia in base all’articolo 106 del TUB (Testo Unico Bancario), che disciplina gli intermediari finanziari cosiddetti “non bancari”», spiega a Valori l’avvocato Giovanni Spinapolice, Managing Partner dello studio legale S&P (Spinapolice & Partners) di Roma. «L’ha fatto illegalmente, offrendo servizi a piccoli investitori e promettendo rendimenti molto allettanti». Una volta versato, però, il denaro veniva dirottato all’estero per perdersi poi nelle nebbie di una serie di transazioni bancarie tra Milano, la Svizzera e Dubai.

    Il gioco non è durato molto: chiamata a restituire le somme investite, GForex non ha retto e il castello di carte è crollato. La società è stata dichiarata fallita nel luglio del 2011. Il processo penale contro i responsabili si è chiuso (in primo grado) presso il Tribunale di Milano il 29 novembre 2016 con la condanna, per bancarotta fraudolenta, a sei anni e sei mesi di reclusione del pakistano Mahmood Riaz e a cinque anni di Claudio Di Fonzo, rispettivamente consigliere e legale responsabile di GForex SpA. Un terzo imputato, l’ex amministratore delegato Giovanni Spinardi, ha patteggiato una pena di tre anni e sei mesi.

    Una pagina nera della storia finanziaria italiana

    Le società al centro delle frodi Forex, come appunto GForex o la più nota IBS Forex, hanno approfittato, tra il 2005 e il 2010, di una disciplina meno stringente e di minor garanzia e controllo rispetto all’attuale. Prima della riforma dell’art. 106 del TUB (Testo Unico Bancario), avvenuta nell’agosto del 2010, le società di intermediazione in cambi “senza assunzione di rischi in proprio” (e quindi a pronti), erano sotto la Vigilanza dell’Ufficio Italiano Cambi di Banca d’Italia e non della Consob, visto che le operazioni di cambio non erano ritenute strumenti finanziari.

    GForex e altre società, però, non operavano semplicemente sul mercato dei cambi (come previsto dall’autorizzazione ex art.106 del TUB), ma svolgevano attività illegale di sollecitazione al pubblico risparmio in gestioni patrimoniali. Una funzione riservata solo alle SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) o SGR (Società di Gestione del Risparmio). Le “106”, quindi, a differenza delle SIM e delle SGR sottoposte a vincoli di legge più rigorosi, gestivano in modo disinvolto il patrimonio rastrellato dai clienti (tutti risparmiatori con bassa propensione al rischio) tanto che, grazie alla confusione patrimoniale dei conferimenti in gestione, riuscivano a disperdere i capitali nei mercati esteri e offshore. Il tutto all’insaputa del singolo investitore che, anzi, era invogliato ad affidare sempre più denaro, visti gli alti rendimenti ottenuti, ma solo sulla carta, nei falsi report che ricevevano dall’intermediario.

    «È una pagina nera della storia finanziaria italiana», continua Spinapolice. «Per anni società registrate in pratica come uffici di cambio valuta, quelli che si vedono nelle stazioni o negli aeroporti, hanno operato in realtà, abusivamente, come società di gestione del risparmio o SIM, promuovendo e collocando prodotti finanziari presso la clientela alla quale promettevano un investimento sicuro dagli alti rendimenti, superiori ai BOT e CCT». Oggi frodi del genere per fortuna non sono più possibili, almeno non in Italia. Per le centinaia di risparmiatori ignari che hanno perso i risparmi di una vita in presunti investimenti sui cambi è certo una magra consolazione, anche se la speranza di un risarcimento c’è ancora.

    La speranza in una causa contro Unicredit e Barclays

    «Il tempo sta per scadere. Stiamo correndo contro i termini di prescrizione che, nel caso GForex, scatteranno nel 2020», spiega l’avvocato Spinapolice, che difende circa 100 risparmiatori truffati nel processo civile contro la società. «Siamo però ottimisti sull’esito finale perché la nostra linea difensiva, dal 2016, ha esteso la lista dei responsabili, a cui chiedere i risarcimenti, a Banca d’Italia, Barclays Bank e Unicredit».

    Barclays e Unicredit avrebbero contribuito all’attività abusiva di GForex con modalità diverse, in particolare con l’apertura di conti correnti “omnibus”, intestati alla società, su cui è confluito il denaro di decine di clienti truffati. Lo Studio S&P avrebbe rilavato numerosi vizi e illegittimità nell’operato delle due banche che potrebbero rendere plausibile un risarcimento.

    Banca d’Italia, infine, sarebbe responsabile per non aver vigilato sull’operato di GForex e non avrebbe preso i necessari provvedimenti a tutela degli investitori.

    A più di sette anni dal fallimento di GForex il caso, almeno sul fronte del processo civile, è ancora più che mai aperto. E se può essere molto difficile, se non impossibile, cercare di recuperare il denaro fatto sparire in una ragnatela di trasferimenti bancari da una società finita in bancarotta, potrebbe essere più probabile ottenere ristoro da due istituti bancari che, solo nel 2017, hanno generato profitti complessivi per oltre 3 miliardi di euro.

     


    Consob, comunicazioni a banche su informazioni privileggiate.

    Consob aggiornerà prima di Natale le sue indicazioni alle banche quotate su come trattare informazioni che gli istituti ricevono da Banca d'Italia, dalla Vigilanza di Francoforte o da altre autorità alla luce del nuovo regolamento sugli Abusi di mercato (Market Abuse Regulation) e delle Q&A dell'Esma, autorità europea di mercato.

    Una nuova comunicazione, hanno spiegato a Reuters due fonti che sono direttamente impegnate in questo dossier, servirà ad adeguare le precedenti indicazioni Consob del novembre 2015 in cui veniva detto alle banche se e come comunicare al pubblico gli esiti dello Srep, cioè le indicazioni di secondo pilastro che emergono nel dialogo tra vigilanza e ciascun istituto.

    E' stata avviata una fase di consultazione, spiegano le fonti, in cui le banche e l'Abi potranno inviare le osservazioni alla Consob, che tra il 19 e 20 dicembre dovrebbe definire la nuova comunicazione che sarà pubblica nei giorni successivi, prima di Natale.

    Il regolamento Mar, in vigore da fine settembre, definisce come privilegiata una informazione non pubblica, precisa e che se resa pubblica può avere impatto sui valori di mercato: in quanto tale deve essere comunicata subito al pubblico.

    Alla luce di questa definizione, ha spiegato una delle fonti, spetterà agli amministratori della banca valutare la natura privilegiata delle informazioni che, ad esempio, emergono durante il processo di Srep.

    Questo confronto tra ogni banca e la vigilanza porta infatti ad indicazioni di natura prudenziale che possono essere precise, come una richiesta di introdurre add-on sul capitale entro una certa data oppure solo linee guida, aspettative non vincolanti.

     


    Blockchain e sanità.

    Pensare di applicare la blockchain ai temi della salute è certamente  affascinante e apre nuovi orizzonti di utilità  concreta nella vita quotidiana delle persone.

    Questa tecnologia rivoluzionaria, spesso erroneamente abbinata soltanto alle criptovalute ed in particolare al bitcoin, permette, infatti, di conservare e condividere dati all’interno di un network di computer variamente distribuiti  (community) anziché in un unico provider.

    I dati immessi in questo network, quindi, sono condivisibili in tempo reale da tutti i soggetti (nodi) della rete stessa. Poiché ogni nodo vede, controlla e approva  ogni dato inserito, la tracciabilità e immodificabilità di quanto entrato a far parte della catena (chain, appunto) sono automaticamente garantite.

    Verificare l’identità digitale di un paziente, tenere un archivio sempre aggiornato delle prescrizioni mediche e farmacologiche, ed anche condividere le sperimentazioni cliniche, i dati raccolti dai dispositivi medici, ecc. con la blockchain è non solo possibile, ma facilmente realizzabile.

    Interessante, in tal senso, l’iniziativa di Cittadinanzattiva in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e McCann Health, che hanno già realizzato un primo evento con Wired per approfondire i temi di applicazione della rivoluzionaria tecnologia del futuro ai temi della salute.

    In tale occasione il presidente dell’I.S.S. Walter Ricciardi e il direttore del  Centro per la salute globale dello stesso I.S.S. Stefano Vella hanno annunciato  l’importante decisione di applicare la blockchain alla piattaforma dell’Istituto sulle epatiti virali. Ogni epatologo ed infettivologo, dunque, disporrà di un patrimonio immenso di dati di ricerca clinica con oltre 10 mila pazienti e 100 centri clinici inseriti nella nuova piattaforma tecnologica.

    Conosciamo bene, però, la difficoltà di dialogo e di comunicazione attraverso i sistemi informativi per il nostro servizio sanitario nazionale, sostanzialmente costituito da 21 servizi sanitari regionali, che hanno sistemi informatici diversi tra loro.

    Ad oggi, infatti, il Fascicolo sanitario elettronico, annunciato circa 20 anni fa, non è ancora operativo in tutte le regioni, cosi che un paziente è costretto ad esibire copie cartacee degli esami diagnostici e clinici eseguiti in altre strutture, talvolta addirittura nella stessa città.

    Sicuramente sorgerà anche un problema normativo sul controllo e la gestione dei dati sensibili e ci auguriamo che non sia il solito sistema per cui subiamo le innovazioni tecnologiche anziché cavalcarle, grazie anche a norme intelligenti e pensate in base ad una strategia anziché rincorrendo l’esigenza momentanea.

    La blockchain potrebbe essere la soluzione ai problemi fin qui registrati. Occorre, però, una volontà condivisa di percorrere questa nuova via, affinché non si traduca in una delle tante promesse/occasioni mancate nei confronti dei cittadini.

    Il ministero dello Sviluppo Economico ha sottoscritto l’adesione dell’Italia alla “Blockchain partnership” europea, mettendo anche dei fondi a disposizione. Avremo modo di capire presto, pertanto, se questa volta ci sarà davvero la volontà di una condivisione trasversale del progetto o sarà l’ennesima beffa.

     


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